In un mondo sempre più dominato dall’intelligenza artificiale, è fondamentale comprendere come queste tecnologie interagiscono con le emozioni umane. L’intelligenza artificiale generativa, in particolare, apre nuove possibilità di dialogo, ma quali sono le implicazioni emotive di queste interazioni?
Oggi ne parliamo con Oriana Cok, CEO di Gruppo Pragma, che ci guida in una riflessione su come mantenere la nostra autenticità in un’epoca in cui le macchine diventano sempre più capaci di simulare l’empatia e il rispecchiamento emotivo.
Un tema che sta suscitando molto interesse è la relazione tra emozioni umane e intelligenza artificiale generativa. Secondo te, come interagiscono queste due dimensioni apparentemente distanti?
“L’intelligenza artificiale generativa sta senza dubbio rivoluzionando il modo in cui comunichiamo e creiamo contenuti. Quello che trovo affascinante è il fatto che l’AI generativa non si limita a rispondere a domande o a elaborare dati. In realtà, dialoga con la persona, creando risposte personalizzate e mostrando una comprensione del contesto che rende l’interazione molto naturale.”
Quindi, parliamo di un dialogo vero e proprio, che però ha anche delle implicazioni emotive, giusto?
“Esattamente. Ci troviamo di fronte a un fenomeno in cui l’AI non solo risponde alle domande, ma sembra essere in grado di riflettere le emozioni dell’essere umano che la utilizza. Questo rispecchiamento emotivo può dare la sensazione di essere capiti, ed è un aspetto che porta conforto emotivo agli utenti. Tuttavia, dobbiamo essere consapevoli che questa connessione emotiva è spesso superficiale e temporanea. Ricordo l’“Effetto ELIZA”, dal nome del programma creato negli anni ’60 al MIT, che simulava il dialogo tra un paziente e uno psicoterapeuta. ELIZA dava l’illusione di comprensione, ma in realtà si trattava solo di un riflesso, non di vera empatia.”
Oggi, l’AI è molto più avanzata rispetto a quegli anni. Cosa possiamo dire del futuro delle emozioni nel dialogo con le AI?
“Anche se l’AI ha fatto passi da gigante, non dobbiamo dimenticare che la sua capacità di generare emozioni è solo un’imitazione. Come dicono Manzotti e Rossi, “l’essere umano ha, in virtù della sua dimensione esistenziale, un contatto diretto con la vita che l’IA – almeno finché non avrà un corpo destinato a vivere, godere, soffrire, sognare, morire – non ha.” L’AI può simulare emozioni, ma non può sperimentarle. Questo ci costringe a riflettere su cosa significhi essere umani in un’era dominata dall’intelligenza artificiale.”
Ma allora, come possiamo mantenere la nostra autenticità in questa interazione?
“Mantenere la nostra autenticità è fondamentale. L’AI può essere perfetta nel suo funzionamento, ma proprio per questo spinge l’essere umano a trovare valore nella sua imperfezione. Come affermano Manzotti e Rossi, “se la macchina è perfetta, l’essere umano dovrà trovare nell’imperfezione geniale la sua ragion d’essere”. Questo significa che, mentre l’AI ci aiuta a essere più efficienti, non dobbiamo dimenticare di nutrire la nostra dimensione umana, fatta di emozioni autentiche e, soprattutto, di consapevolezza di chi siamo.”
Quindi, possiamo dire che l’AI ci offre una sorta di specchio attraverso cui riflettere su noi stessi?
“Esattamente. In un certo senso, l’AI ci porta a guardare dentro di noi. Se utilizziamo l’intelligenza artificiale senza perdere di vista la nostra umanità, possiamo evitare di diventare noi stessi degli automi. In altre parole, dobbiamo imparare a “nutrire il nostro essere umano”. Questo significa auto-osservazione, consapevolezza delle nostre emozioni e capacità di mantenere una connessione profonda con noi stessi, anche in un mondo sempre più automatizzato.”
Prima hai menzionato il concetto di imperfezione come forza. Come può questa idea guidare il nostro approccio alle tecnologie emergenti?
“L’imperfezione è ciò che ci rende umani. In un mondo in cui l’AI potrebbe eseguire compiti in modo perfetto, il valore umano risiederà sempre più nella creatività, nell’imprevedibilità e nell’intuizione. La tecnologia può darci strumenti potentissimi, ma il genio umano è qualcosa di unico. È la nostra capacità di trovare soluzioni creative, di sbagliare e imparare, che ci permette di crescere e progredire. Questo è un aspetto che dobbiamo tenere ben saldo anche quando interagiamo con tecnologie così avanzate.”
Cosa diresti a chi teme che l’AI possa in qualche modo “rubare” l’aspetto umano del lavoro e della vita quotidiana?
“Direi che la tecnologia è qui per supportare l’essere umano, non per sostituirlo. Se riusciamo a mantenere questa prospettiva, l’AI diventa un alleato prezioso. Ma il vero potere rimane nelle nostre mani. Dobbiamo imparare a usare queste tecnologie con consapevolezza, ricordando sempre che le nostre emozioni, la nostra autenticità e la nostra capacità di riflettere sono ciò che ci rendono unici e insostituibili.”
In definitiva, l’intelligenza artificiale generativa rappresenta un’innovazione straordinaria, ma come ci ha ricordato Oriana, rimane essenziale preservare la nostra autenticità e consapevolezza nelle interazioni con le nuove tecnologie. È il nostro essere imperfetti, creativi e umani a darci il vantaggio in un mondo dominato dalla perfezione algoritmica. Nell’era dell’intelligenza artificiale, la chiave sarà coltivare la nostra capacità di riflettere, di emozionarci e di trovare valore proprio in ciò che ci rende unici.