Appunti e spunti da una conversazione tra un’imprenditrice e una giornalista.
Siamo nel bel mezzo di un cambiamento vorticoso e dirompente: se fino a qualche mese fa gli esperti di settore ritenevano che in Italia ci sarebbero voluti degli anni per digitalizzare i diversi mondi, a partire della scuola e dal mondo della formazione, oggi non è più così. Intendiamoci, le previsioni erano supportate da dati: sul fronte della digitalizzazione il nostro Paese non è mai brillato in Europa e anche le ultime indagini in merito, come il rapporto 2019 stilato dalla Comunità Europea per valutare l’indice di digitalizzazione dell’economia e della società (Desi) dei Paesi membri, ci aveva assegnato un 24° posto sui 28 paesi censiti.
Ma la realtà ha scavalcato qualsivoglia previsione: le restrizioni imposte ad attività e persone a causa dell’emergenza sanitaria in corso stanno rivoluzionando le abitudini culturali degli italiani e accelerando la loro familiarizzazione con il digitale.
Per usare le parole dell’economista Peter Drucker “La cultura si mangia la strategia a colazione”. Pensiamo al mondo della scuola e dell’università, che dall’oggi al domani ha trasferito online le proprie attività, dalla didattica agli esami e alle tesi di laurea. E’ un cambiamento che è avvenuto all’improvviso e per cui non tutti i docenti erano preparati, perciò si registra un discreto livello d’improvvisazione e una disomogeneità nella qualità delle proposte, ma senz’altro il processo di digitalizzazione della didattica ha subito un’accelerazione importante.
Secondo una recente indagine del portale skuola.net la didattica a distanza è ormai entrata nella quotidianità di studenti e docenti: nelle scuole superiori, per esempio, già una ventina di giorni fa erano 9 su 10 gli studenti che facevano lezione online.
Se la scuola è il sistema che più incide sul cambiamento culturale della popolazione, anche le aziende, dove il tema dello sviluppo di competenze digitali era avvertito da tempo, hanno accelerato ulteriormente i processi in questo senso per fare fronte alle trasformazioni in atto. Nel mondo imprenditoriale c’è un estremo bisogno di riqualificare i lavoratori dotandoli delle competenze necessarie in un’ottica di Industria 4.0. Perciò dopo lo stop alle attività di produzione sono molte le aziende che hanno scelto di impiegare questo periodo per preparare le persone a ciò che avverrà quando l’emergenza sarà rientrata.
Anche la formazione manageriale si sta rapidamente convertendo al digitale, scoprendo in alcuni casi modalità che non avrebbe mai immaginato di poter adottare. Perché diciamocelo, le maggiori resistenze nell’adozione del digitale per la formazione si sono registrate per due ragioni: il desiderio di rimanere nella propria comfort zone e il preconcetto per cui il digitale priverebbe del rapporto umano.
Stiamo scoprendo, all’opposto, che le tecnologie digitali, se opportunamente pensate e progettate, aiutano a mantenere contatti e relazioni, e a rafforzare pratiche come gli scambi d’esperienze, che consentono alle comunità d’apprendimento di poter crescere e prosperare.
Ma perché quest’accelerazione dovuta alla contingenza divenga scelta consapevole e qualitativamente valida occorre adeguare e sviluppare le competenze dei formatori, dei docenti, dei coach, in modo che sappiano sfruttare al meglio le leve fornite dalle nuove tecnologie. Visto che ci occupiamo da decenni di apprendimento online, o digital learning, da un lato stiamo cercando di aiutare le aziende a trasformare la propria formazione in senso digitale, dall’altro stiamo dedicando attenzione allo sviluppo delle competenze dei formatori.
Si situa in quest’ambito il progetto europeo e-Leadership Trainer Accelerator, parte del programma Erasmus +, a cui il Gruppo Pragma partecipa insieme ad altri partner provenienti dal mondo dell’alta formazione e dell’impresa di quattro Paesi europei: Bulgaria, Italia, Croazia e Germania.
Il progetto mira a “formare i formatori”, così da renderli capaci di usare in modo appropriato gli strumenti digitali per progettare, produrre, erogare e valutare progetti formativi per lo sviluppo delle competenze digitali dei manager del futuro.
Si tratta di un programma di formazione, che si svolge contemporaneamente in tutti i Paesi partner e che in Italia è stato avviato nel mese scorso; proseguirà fino a fine anno e avviene interamente online, sfruttando due leve metodologiche molto importanti: le risorse educative aperte (dai MOOC ai Ted Talks, ad esempio) e le attività collaborative online, che vengono progettate e facilitate dai formatori. Queste due leve hanno la caratteristica di rispecchiare pienamente il comportamento spontaneo di chi apprende in digitale: chi ha un bisogno conoscitivo infatti si rivolge ai motori di ricerca, o chiede lumi ai propri pari e alle comunità online (tramite forum o chat).
Una formazione efficace terrà conto della cultura d’uso degli utenti, fornendo preziosi strumenti aggiuntivi che facilitino la creazione di una comunità d’apprendimento e aiutino a selezionare i migliori contenuti e a finalizzarli per una proposta formativa tarata sui destinatari. Il tutto con l’utilizzo degli strumenti dell’aula virtuale, sia in plenaria che in sottogruppi in parallelo, di una piattaforma LMS (Learning Management System) e di un LCMS (Learning Content Management System) e di altri strumenti di collaborazione online.
La sfida è duplice: da un lato formare competenze inedite che derivino dalla quarta rivoluzione industriale, dall’altra riqualificare le competenze di chi è già inserito in un mondo del lavoro che cambia a velocità vertiginose. Perché se un tempo si diceva “learn in order to work”, ora il motto, per dirla come la saggista statunitense Heather McGowan, è “work as to be able to learn”.
Da una conversazione fra Maria Rita Fiasco, presidente del Gruppo Pragma ed esperta di digital learning, e Giulia Basso, giornalista appassionata d’innovazione scientifica, tecnologica e sociale